Parla ancora tossendo, è affaticato e isolato in una stanza di casa, lontano dal resto della famiglia dopo aver trascorso una settimana in ospedale; una camerata Covid con altri 10 pazienti positivi come lui, tra cui alcuni giovani.
Massimo Minerva, avvocato biscegliese e giudice di pace del tribunale di Bari, 57 anni è uno dei tanti contagiati Covid della Bat.
Dopo la sua accertata positività, avendo tenuto udienze fino a qualche giorno prima, l’ufficio del Giudice di Pace è rimasto temporaneamente chiuso per la sanificazione.
«Non ho trasmesso il virus a nessuno e ne sono contento – dice – altrimenti mi sarei sentito responsabile».
I primi sintomi sono comparsi il 2 ottobre, ma fino all’esito definitivo del primo tampone «non ho incontrato nessuno. Sono stato attento», afferma.
Oggi Massimo è a casa, ultimato il percorso di cura indicato dall’ospedale ma con tutti i sintomi da Covid 19 ancora ben presenti: tosse, affaticamento e difficoltà respiratorie. Ci parla della sua intima e toccante esperienza che l’ha segnato profondamente nel reparto Covid dell’ospedale Vittorio Emanuele di Bisceglie.
«E’ come entrare in un tunnel senza riuscire a intravedere alcuna via d’uscita, sei lì solo in un letto stretto nella morsa delle proprie paure e angosce. Ho pianto per mia moglie e le mie figlie non potendo aggrapparmi a nulla e non sapendo quando avrei potuto riabbracciarle. Gli unici che potevo vedere ogni giorno erano “i marziani”, medici e infermieri del reparto Covid dell’ospedale di Bisceglie che ogni giorno entravano nella stanza per rassicurarsi sulle condizioni di salute psico-fisiche dei pazienti. “Gli angeli” erano l’unica speranza a cui potermi aggrappare con i denti e con le unghie nei lunghi e frustanti momenti di solitudine, svuotamento e incertezza che vivevo quotidianamente».
«A Bisceglie – conclude – eravamo una decina di pazienti, di ogni età e ceto sociale perché il virus è “democratico” prende e colpisce chiunque senza distinzione di genere, sesso, professione o colore. Nel reparto Covid si vive una situazione di doppio malessere: per se stessi e per chi a due passi da te soffre come e più di te. Non voglio insegnare nulla a nessuno, ma vorrei dare un segnale forte a tutti coloro che pensano di sottovalutare questo maledetto virus che è subdolo e si insinua silenziosamente. Fondamentale è l’uso e l’impiego della mascherina e delle più elementari forme di prevenzione come il mantenimento della distanza sociale e lavarsi spesso le mani».
Durante la settimana di ricovero a Massimo sono stati somministrati diversi farmaci come Eparina, Cortisone, Antibiotici e uno speciale Antivirale. Ora, come detto, è a casa, ma la sua storia deve servire a coloro (e sono ancora troppi) che sottovalutano il problema e si comportano come se il covid fosse una invenzione. Purtroppo non è così. E massimo lo può testimoniare.
Purtroppo idioti, negazionisti e irresponsabili abbondano…!